Lettori fissi

domenica 25 maggio 2014

Perché non possiamo uscire dall’euro...




Comprendo il rischio di diventare impopolare, ma credo sia giunta

l’ora di cercare di porre un freno alle spinte antieuropeiste che stanno, in
questi ultimi tempi, infiammando gli animi degli euroscettici ed influenzando
le opinioni di una quota sempre maggiore di persone, anche cavalcando a loro
favore il fenomeno della crisi economica e delle discutibili politiche
comunitarie applicate nei più vari settori.

Guarda il video:



http://www.youtube.com/watch?v=11KI-nZNpIc


L’intervento di Paolo Barnard nella trasmissione “La Gabbia” (La7) è decisamente
coinvolgente, secco, diretto, anche chiaro, ma purtroppo parziale.
Barnard è un giornalista e documentarista che merita stima ed ammirazione per il suo

continuo lavoro di inchiesta ed informazione su argomenti nevralgici del
sistema mondiale come: le politiche comunitarie, la sovranità monetaria ed il
controllo da parte dell’elite bancaria sulla politica mondiale.


L'ipotesi portata avanti da Barnard (e anche, ovviamente, da
altri) è suggestiva e si è fatta strada da tempo nell'opinione pubblica
italiana: L’uscita dall’euro e dall’Europa e la contestuale adozione di una
moneta nazionale. Staccarci dalla Banca Centrale Europea (Bce),  riottenere la nostra sovranità monetaria,
consentendo alla Banca d'Italia di stampare una propria moneta. Soltanto così si
risolverebbero i problemi economici che attanagliano il paese.

In primo luogo, Barnard conferma che l’uscita dall’euro potrebbe

essere una potenziale catastrofe. E su questo mi trova d’accordo. Poi, però,
continua col dare una serie di soluzioni che sembrerebbero poter essere correte
o quantomeno plausibili.
  1. Per uscire dall’euro c’è bisogno di “un’ economia”, un
    “impianto economico”. Questo Potrebbe sembrare semplice, quasi ovvio, se non
    per il fatto che l’Italia non ha più un impianto economico e soprattutto non ha
    più un impianto industriale. Infatti, i tentacoli dell’Europa dei mercati, non
    solo hanno provveduto ad incatenarci all’euro, ma hanno previsto anche un piano
    di “deindustrializzazione” del nostro Paese. Il nostro sistema, infatti, non
    può più essere considerato come un elemento “staccabile” e potenzialmente
    indipendente, ma solo come una “parte integrante” di un sistema che,
    considerata singolarmente, non vale niente.
  1. Il problema della svalutazione monetaria che subirebbe
    la lira nei confronti dell’euro è superato da Barnard attraverso il concetto di
    “tassazione”. Questo è vero solo se non si tiene conto delle altre variabili
    che contribuiscono a determinare l’apprezzamento o il deprezzamento della
    moneta. La tassazione fa sicuramente aumentare la domanda di moneta ed il
    consequenziale apprezzamento della stessa, ovviamente se non teniamo conto del
    “tasso di cambio”. Il tasso di cambio, in un’economia globalizzata come quella
    attuale, è forse la variabile più importante che bisogna osservare per misurare
    l’apprezzamento o il deprezzamento di una valuta. La tassazione, per quanto di
    vasta portata, rimane comunque un fenomeno “interno”, che può essere valido per
    l’acquisto, sul mercato interno, di beni e servizi italiani. Ma nel momento in
    cui si acquisterebbero beni e servizi prodotti all’estero, saranno i mercati a
    “dare un prezzo” alla nuova lira.
  1. Le esportazioni aumenterebbero, è vero. Infatti la
    nuova lira deprezzata renderebbe più conveniente acquistare prodotti italiani e
    l’export riprenderebbe a pompare. Ma non possiamo non considerare anche l’effetto
    che si avrebbe sulle importazioni. Il nostro paese esporta sostanzialmente i
    prodotti MADE in ITALY, moda, design, auto di lusso, imbarcazioni, ecc ecc. ma,
    purtroppo rimane un grande importatore di materie prime, soprattutto di
    energia. Ben il 75% del fabbisogno energetico italiano è importato dall’estero.
    Si capisce allora come la distanza da colmare sia enorme. Senza materie prime
    come acciaio, gas naturale, petrolio, insomma, senza energia, non si può
    pretendere di costruire un economia dalle basi solide e soprattutto un’economia
    che possa considerarsi autosufficiente.

Barnard risponde alle domande in maniera chiara, anche se

semplicistica, ma sicuramente non tiene conto di alcune, importanti, “variabili”
macroeconomiche.
Ma soprattutto non tiene conto della variabile più importante: “il
ricatto”.


La nostra economia si appoggia, in maniera preponderante, alle
altre economie continentali degli altri paesi dell’Unione. Correremmo il
rischio di essere sciocchi se confidassimo nella speranza che una nostra
eventuale uscita dall’euro rimanesse priva conseguenze.
In nostro paese subirebbe un drammatico boicottaggio, il prezzo

della nuova lira crollerebbe lasciandoci letteralmente isolati. Potenzialmente,
tutti potranno comprare una Ferrari ma non la benzina per farla camminare.

Non sono Europeista e non lo sono mai stato, ma ritengo sia ormai

già superato il punto di non ritorno. Per il bene del Paese ritengo sia più
opportuno ricercare una politica economica sì alternativa, ma sempre rimanendo
nel perimetro dell’ unione monetaria, magari ricercando accordi separati con
paesi che si trovano in situazioni simili alle nostre, se non più drammatiche,
come Spagna, Portogallo, Grecia e magari cercando anche l’appoggio della
Francia.
Anziché uscire Noi dall’euro, forse sarebbe giusto buttare fuori
la Germania.

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